TECNICHE DI REGIA
Serata tecnica di Marcello CREA, giovedì 7 aprile 2016
Abbiamo visto due film, il primo un po’ difficile per l’organizzazione, mentre l’altro era praticamente un’anteprima.
Marcello Crea deve molto a Paolo MAGRIS che lo ha incoraggiato nei suoi lavori. In particolare essi hanno goduto di aiuti da parte della fondazione CASALI nell’ambito di un progetto che si chiamava “Ciak, si gira per Trieste” che voleva incoraggiare la produzione di corti nella nostra città.
Il primo film proiettato è stato COLUI CHE TUTTO PUO’, un aneddoto sulle raccomandazioni, ma con colpo di scena finale. Girato con pochissimi mezzi si è avvalso di attori non indottrinati, e pertanto va posto fra le opere sperimentali. Ha richiesto una decina di giorni di lavoro, ma di poche ore ciascuno, per cui la lavorazione è stata inferiore alla 20 ore.
L’idea è stata tratta da un lavoro teatrale, dove si mostra lo scorrere del tempo in un anticamera che ha una porta (che si apre sullo studio del raccomandatore) dotata di una lampada rossa. Tutti sono in attesa che essa diventi verde in modo da poter entrare e avanzare la propria richiesta, ma questo non avviene mai. C’è anche un curioso personaggio che aspetta sempre, ma non vi diremo di più per non rovinare la sorpresa e il piacere della visione. Da un punto di vista della storia della regia è stato raccontato come la sceneggiatura sia nata guardando e cercando di scoprire l’indole e le capacità degli attori disponibili.
Per restare nell’ambito della regia, è da osservare come la netta differenza fra i professionisti e gli amatori (come noi videomaker) sia proprio nei ruoli che si vanno a ricoprire: un professionista opera in un ruolo ben definito e limitato, avvalendoi di collaboratori per gli altri incarichi, mentre l’amatore deve fare tutto da solo!
Uno dei problemi che si deve affrontare in ambito professionale è quello del budget. E qui il nostro mondo amatoriale manca di almeno tre o quattro zeri! Le produzioni di un certo rilievo dispongono di ampie risorse, mentre è possibile sviluppare e realizzare dei lavori con pochi soldi.Ovviamente ci si deve limitare a corti che, oltretutto, devono fare i conti con la mancanza di attori dal cachet importante. C’è tuttavia qualche circuito secondario che permette comunque di disporre dei proventi di un botteghino, e quindi si può sperare in una distribuzione degli utili (magari modesti) se il prodotto è degno di successo.
Per tornare a registi si intravedono due tipi di professionisti: quelli che possono permettersi di dirigere troupe articolate e quelli che, invece, devono adattarsi a “fare tutto da soli”.
E’ il caso del secondo film visto, DOMINUS ET SERVUS, un piacevole corto girato sul colle di San Giusto e che si basa su pochi attori (praticamente due principali e altri due in un ruolo meno principale), più un operatore e un aiutante. Inoltre lo stesso Marcello ha recitato nella parte di protagonista.
Ma cosa ci vuole per fare un film? Prima di tutto l’idea. Nel caso di DOMINUS ET SERVUS l’ispirazione èstata data dall’attrice scelta. Ha interpretato… basta, non sveliamo di più.
Le riprese sono state effettuate sull’area delle rovine romane, e parte in studio, laddove per “studio” si intende il domicilio. E’ stato montato con un portatile e un programma (Power Director) della fascia amatoriale. La macchina impiegata era un corpo di cinepresa non molto costoso che, però, permetteva l’applicazione di varie ottiche di provenineza fotografica. Questo ha permesso di ottenere, grazie anche ad una luce favorevole sul set, delle ottime scene. Per la parte sonora si è impiegato un registratore marca ZOOM, anch’esso ben noto agli amatori. I dialoghi sono stati doppiati.
Una delle cose da curare (e si può fare grazie alle ottiche disponibili, mentre con le macchine amatoriali è più difficile) è la sfocatura dello sfondo. Davvero necessaria per una buona resa delle scene.
Altra importantissima cosa da curare è l’inquadratura. In particolare nei Primi Piani e nei Primissimi Piani non va lascita “aria” sopra alla testa della persona ripresa. Certo lo si può sempre correggere in fase di montaggio (ritagliando il quadro, anche se a costo di un po’ di sgranatura per l’ingrandimento che ne consegue).
Quindi usare l’inquadratura centrale (con le ovvie e note riserve sui profili) e verificare che la testa tocchi il boro superiore del quadro.
Un altro consiglio che riguarda la regia, ovvero la realizzazione di un film, è di disporre di un operatore fidato, con cui essere in vera sintonia. Infatti il regista deve poter anche recitare (o comunque dirigere) senza l’assillo dell’inquadratura!
Un campo particolare, che deve essere ben tenuto presente dal regista, è quello della recitazione. E ci sono molte cose da considerare.
Innanzi tutto la gestualità e l’intonazione della voce. Mentre il teatro esige movimenti ampi e voci urlate (per farsi vedere e sentire in tutti gli ordini delle file) nel cinema questo è controproducente: meglio limitarsi a movimenti e voci del tutto simili a quelli di ogni giorno.
La mimica, e in particolare quella facciale, nel cinema non vuole smorfie (che disturberebbero sullo schermo). Il messaggio da trasmettere deve trasparire dall’animo (e, ovviamente dalla bravura) dell’attore. Egli raggiungerà questo scopo quanto più si sarà calato nel personaggio.
Anche da un viso che apparentemente non fa trasparire emozioni la magia del cinema fa sì che i sentimenti “escano all’esterno” e vengano trasmessi allo spettatore, coinvolgendolo. L’esempio portato è quello del pianto: sul set poche gocce di collirio fanno comparire le lacrime. Ma se l’attore non si sarà immedesimato nella parte resteranno due gocce di liquido, mentre in altri casi (grazie ad una maggior bravura) lo spettatore si commuove di riflesso.
Immedesimarsi però costa una grossa fatica, e non sempre ci si riesce.
Se si vuole interpretare un personaggio bisogna cercare di ragionare come lui, di carprine il modo di pensare. Altrimenti non si riuscirà a ricoprire il ruolo, ma si sarà solo dei commedianti che non riusciranno a trasportare lo spettatore.
Il bello del lavoro di regista (ma anche di attore e probabilmente di tutti gli altri addetti dello spettacolo) è proprio questo continuo miglioramento che si ottiene solo con l’applicazione continua, e che fa sì che ci sia un continuo riscoprirsi e scoprire novità.
Compito di un regista è quello di guidare gli attori nell’entrare nel ruolo, con consigli, ordini, disposizioni, mostrando e facendo provare e riprovare. Bisogna ben calibrare, per un risultato degno di applausi, le battute, i tempi e le intonazioni.